Autore: Manu, corrispondente da Londra
Per rafforzare la vostra autostima in quanto fantastiche cuoche e farvi apprezzare la fortuna di essere nate nella patria del buon gusto volevo aprire una nuova rubrica dedicata agli orrori della cucina britannica e allo schock sensoriale di una mantovana in Inghilterra.
Tutte le grandi culture hanno sviluppato una grande cucina, come estensione e riflesso (appunto) di questa cultura. Perché gli inglesi, superavanti rispetto a noi per loro progresso civile e sociale, rimangono gli unici con problematiche alimentari terzo mondo? La grande differenza con il terzo mondo, poi, è che quelli se avessero il cibo lo saprebbero cucinare: lo provano i vari ristoranti etiopi, tibetani, centrafricani, bangladesh (esi?) che non ti presentano "un piatto vuoto" ,come diceva quel comico cattivissimo, ma cibi esotici e intriganti salsine.
E gli inglesi no. Persistono a mangiar male. A dire la verità esiste una cucina inglese, una cucina da tempo di guerra, rudimentale, frettolosa e approssimativa: la patatona tagliata con sopra il formaggio, il pollo scondito, carni varie soffocate da salse assurde ecc. Nelle campagne, diamo atto, è rimasta qualche signora che sa valorizzare carne, pesce e verdure bollite e alcuni pub hanno il tradizionale arrosto domenicale che ha un suo perché. Ma il resto di Inghilterra (i ristoranti, le mense, la cucina quotidiana delle nuove generazioni) produce alimenti inconcepibili a un palato italiano. Niente come la cucina divide il mondo in un blocco anglosassone e angloderivato (americani, australiani ecc.) e un blocco neolatino. Di qua' casino socio-politico ma cultura, buon gusto e senso del bello, di la’ barbari ubriaconi che mangiano tutto nello stesso piatto (magari col piatto in mano davanti alla televisione) cucine senza tavola o scolapiatti e in compenso bagni con la moquette. Esiste un confine fra l’uomo e l'animale e gli inglesi lo varcano.
Quando ci troviamo tra latini discutiamo per ore di questo incredibile vuoto nel loro processo di civilizzazione senza venirne a capo. E’ ignoranza, disinteresse, mancanza di mezzi o incapacità?
C'è chi li giustifica col clima: poveretti guarda che tempo. Non c'è mai il sole, dove trovano la verdura fresca e i prodotti genuini? Io pero’ tendo a non concedere attenuanti. Non è la cucina italiana alla radice una cucina povera? E la sublime cucina toscana prima fra tutte? Non è la pasta fatta di acqua e farina? Non sono i capunsei un'idea intelligente delle nostre nonne per riciclare il pane vecchio? La mancanza ha stimolato per secoli la creatività culinaria italiana. L’Italia ha dato un'occhiata agli spaghetti dalla Cina, al pomodoro dall’America e gli ha dato un nuovo senso una volta per tutte. L’Inghilterra che ha che colonizzato e saccheggiato mezzo mondo per secoli ha imparato qualcosa a parte il te? (e gli orientali hanno qualcosa da dire anche su questo).
Poi: è vero che non hanno prodotti freschi? I pascoli sono rigogliosi e pullulano di mucche e pecore, il pesce è ottimo: hai mai visto un piatto più elaborato del bollito? E con tutto il buon latte che hanno possibile che sappiano fare solo il cheddar? Anche quando il prodotto alla base è buono lo sanno rovinare.
C’e’ chi dice: sono protestanti, rifuggono il godimento sensoriale, non sono interessati alla cucina. Come si spiegano allora le migliaia di programmi di cucina, libri, reportage.. la cucina vende come non farebbe mai in Italia. Vuoi che abbiano imparato a cucinare?
Nemmeno l’istinto di sopravvivenza li fa desistere. Uno può mangiare merda un giorno, una settimana, ma non tutta la vita. Oppure: può mangiare merda lui stesso, ma non passarla ai suoi figli. Una mamma francese mi raccontava allucinata di come all’asilo sbombino i bambini di patatine fritte e hamburger "Children love it!" ribattevano le maestre.
La teoria più drastica in circolazione tra i latini, ma non infrequente, è che gli anglosassoni in seguito ad in - breeding insulare abbiano sviluppato carenze oltre che nell'aspetto fisico anche nel senso del gusto. Questo spiegherebbe l' assenza di distinzione tra i sapori e la mancata identificazione della schifezza alimentare quando deglutita.
(segue > al prossimo orrore)
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